I clienti che si recano in filiale per usufruire di un servizio di customer care hanno sempre rivestito un ruolo essenziale e strategico per la banca: da un lato perché forniscono l’occasione per rafforzare e consolidare le relazioni, dall’altro perché, entrando spontaneamente in filiale, rappresentano spesso la fonte primaria e predominante dello sviluppo commerciale.
In realtà, il fatto che questi clienti entrino in maniera volontaria in filiale non li rende necessariamente più disponibili ed aperti a ricevere nuove proposte commerciali, rispetto ad altri clienti che il consulente dovrebbe, al contrario, invitare in sede con una telefonata, per capirne le esigenze e i bisogni meno manifesti. Molto spesso questi clienti diventano oggetto delle proposte commerciali non perché abbiano realmente esigenza di un prodotto o servizio, ma perché costituiscono un destinatario più “semplice” da approcciare rispetto ad altri.
Per comprendere meglio cosa intendiamo, proviamo ad applicarlo ad un caso pratico.
Il cliente entra per chiedere di cambiare un assegno, oppure per vedere l’estratto conto, oppure perché gli sono scaduti i titoli, o ancora per lamentarsi di qualcosa, ad esempio di costi troppo alti.
Abbiamo chiamato questa situazione “customer care” per portare maggiore chiarezza e distinguerla dall’attività di sviluppo commerciale vera e propria. Non perché in queste situazioni non si possa anche fare sviluppo commerciale ma per far capire che ci sono queste importanti differenze:
1) A differenza di un’azione proattiva in cui prendo appuntamento con un cliente, nel caso del customer care non ho la possibilità di studiare precedentemente la sua situazione. Finché compio azioni mirate a proporre un solo prodotto ad ogni cliente, non mi accorgerò della differenza. Ma di fatto questa mancanza di preparazione limita enormemente quello che possiamo fare in un’ottica di sviluppo globale. Inoltre, anche se volessi proporre un prodotto solo, a meno che non sia il cliente che me lo sta chiedendo, mancando uno studio accurato della sua posizione, aumenta la probabilità di ottenere un’obiezione.
2) A differenza di un incontro in cui il cliente ha deciso di venire ad un appuntamento per ricevere una consulenza, in questo caso il cliente è principalmente assorbito dal suo bisogno. Questo significa che il cliente non è predisposto per accogliere altre proposte, prima di aver risolto il suo problema. Se siamo fortunati, è entrato in filiale con il bisogno di attivare un servizio, ad esempio un finanziamento o un reinvestimento di una somma. Se è entrato per vedere l’estratto conto, probabilmente non avrà nemmeno il tempo per sedersi e affrontare una consulenza vera e propria.
Questi due aspetti ci hanno portato a identificare un ‘ponte’ che permetta ai consulenti di trasformare questa situazione in una situazione dedicata allo sviluppo commerciale.
Se viene saltato questo passaggio, cliente e consulente rimangono intrappolati in un contesto non ideale.
Oltre a questo perfezionamento, che punta a rendere più efficace l’incontro di customer care, c’è l’altro aspetto che continuiamo a sottolineare. Ogni filiale ha una sostanziosa parte della clientela che NON si presenta spontaneamente in filiale e che però presenta queste caratteristiche:
- Bassa fidelizzazione: IPP da 1 a 3 categorie di prodotto
- Alta potenzialità di sviluppo: liquidità superiore ai 50.000 euro, totale assenza di prodotti assicurativi ramo danni ecc.
- E’ passato molto tempo (oltre i 12 mesi) dall’ultimo acquisto di un servizio.
Sono tutti clienti che, rispetto a quelli che entrano spontaneamente, possono presentare maggiori opportunità di sviluppo. Inoltre, presentano un più alto rischio di abbandono. Eppure, se il tempo viene assorbito passivamente dedicandolo al customer care, il risultato sarà che non rimane tempo per questi clienti prioritari.
Alla famosa resistenza opposta da chi tende ad essere legato alle abitudini: “Ma se i clienti entrano in filiale, come facciamo a non servirli?”, possiamo rispondere in modo provocatorio: “E quindi, per rinnovare un’obbligazione da 10.000 euro, ti sembra corretto non incontrare quel cliente che invece ha 200.000 euro di liquidità sul conto, ha IPP minore di 4 e non lo vedi da 2 anni?”
Il tema è che ovviamente dobbiamo prestare attenzione anche al cliente già ben fidelizzato, ma se la nostra agenda fosse già piena di quei clienti che NON POSSIAMO NON INCONTRARE, automaticamente e spontaneamente, quel tempo di Customer Care a basso valore aggiunto commerciale, la gestiremmo naturalmente in meno tempo.
Il punto cruciale da capire qui è che per fare questo passaggio dobbiamo mettere mano alle abitudini e compiere delle azioni meno comode: alzare il telefono e chiamare quel cliente che conosciamo meno.
Come si può, dunque, risolvere il problema e gestire in maniera più efficace il rapporto con la clientela del customer care, senza sottrarre tempo ed energie ad un proficuo sviluppo commerciale?
Il Servizio Globale Etico si realizza mettendo a terra questi concetti, trasferendoli in un utilizzo scientifico dell’agenda di lavoro.
Nel video analizziamo questi aspetti e riflessioni sulla base degli ultimi interventi formativi condotti in filiale, identificando, grazie al nostro modello del Servizio di Consulenza Globale, le strategie più efficaci per limitare nel tempo il customer care.
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