Da alcuni anni realizziamo progetti all’interno di banche di credito cooperativo, incontrando numerosi gestori e operatori di Front Office. Una delle lamentele più ricorrenti che abbiamo raccolto riguarda il budget, vissuto come “imposizione dall’alto”, in cui sono presenti indicazioni di vendita che, nella loro percezione, rischiano di allontanare i clienti, di generare insoddisfazione perché “i clienti si sentono pressati”. A scanso di equivoci, chiariamo che il desiderio di salvaguardare la relazione di fiducia con i clienti è più che legittimo. Qualità della relazione e sentimento di fiducia sono ingredienti fondamentali della soddisfazione e quindi della fidelizzazione.
Detto questo, chiediamoci se budget e soddisfazione del cliente siano necessariamente antitetici. L’elemento che crea contrapposizione o, viceversa, conciliazione è rappresentato dal modo con cui si realizza l’azione commerciale.
Il modello di vendita che abbiamo sviluppato attraverso il lavoro sul campo, sistematizzato nel libro appena pubblicato da Franco Angeli “La vendita consulenziale dei servizi bancari”, permette di coniugare gli obiettivi della banca e le esigenze del cliente.
Se partiamo dal presupposto che la banca non possa (non debba) fare a meno del budget, con il quale traccia la rotta dello sviluppo commerciale, è altrettanto vero che, se l’obiettivo è di dare continuità nel tempo al rapporto con il cliente, la vendita non può prescindere dai suoi bisogni. E la vendita consulenziale li rimette al centro della scena.
Cerchiamo di capire come.
Il metodo, frutto di un lavoro di analisi, sperimentazione e formalizzazione, è articolato su quattro livelli di azione.
Il primo e il secondo sono specifici, mentre gli altri due possono essere utilizzati anche in una vendita centrata sul prodotto/servizio, ma integrandoli nel modello si amplifica la loro efficacia.
1. L’architettura generale del colloquio consulenziale
A differenza di ciò che accade in una vendita centrata sul prodotto/servizio, fin dai primi momenti della consulenza, si creano le condizioni per spaziare tra i bisogni del cliente e dunque tra diversi prodotti. L’introduzione con ciò che noi definiamo metaforicamente “apertura del ventaglio” permette di creare una cornice percettiva che predispone il cliente a considerare diverse proposte, senza avvertirle come tentativo di piazzare qualcosa a tutti i costi.
2. La centratura sul cliente
Centrare il focus dell’attività commerciale sul cliente per comprenderne i bisogni è la chiave di volta su cui si regge la consulenza. E’ l’elemento che impedisce di essere percepiti come insistenti ed evita “una vendita non etica” perché non utile al cliente. E’ la condizione che permette di muoverci all’interno di una gamma di prodotti/servizi e di elevare esponenzialmente i risultati con un unico appuntamento.
Sembra scontato affermare che l’efficacia di un’azione commerciale è direttamente proporzionale alla conoscenza dei bisogni del cliente. In genere gli operatori conoscono a memoria questa formula del successo e affermano di dedicare tempo alla comprensione delle esigenze del cliente. In realtà non è così. Basta affiancare chi fa sviluppo commerciale per rendersi conto di quanto sia limitata (se non bypassata) la fase di analisi, per precipitarsi rapidamente a presentare il prodotto.
Gli operatori, nella maggior parte dei casi, ritengono di conoscere bene il cliente e di non dover perdere tempo con le domande. Potremmo chiamarla ‘arroganza del venditore’ ed è il principale freno al raggiungimento dei risultati.
L’attività irrinunciabile del consulente dovrebbe essere proprio quella di far emergere i bisogni latenti del cliente: latenti non solo perché sconosciuti al consulente, ma anche perché il cliente non sa di averli. A volte, nelle aule formative, circola la metafora del buco: il cliente ha bisogno di un buco, non di un trapano! Le persone non hanno bisogno della carta di credito, ma di un mezzo di pagamento sicuro e veloce. Le persone non hanno bisogno di una Polizza Temporanea Caso Morte (TCM), ma di garantire ai propri familiari una stabilità economica nel caso vengano meno prematuramente. Lo scopo del consulente è portare l’attenzione del cliente sul fatto di aver bisogno di un buco, per poi presentargli con successo la soluzione.
L’analisi non s’improvvisa e dev’essere preparata con cura, scegliendo le domande appropriate centrate sulle esigenze del cliente, ma costruite a partire dai vantaggi che noi possiamo offrire.
3. La struttura a semafori della proposta
Mentre nella vendita centrata su una singola campagna questo aspetto può essere trascurato, nella vendita consulenziale il livello di complessità richiede che le informazioni siano dosate correttamente; non potremmo altrimenti gestire in uno stesso colloquio più servizi perché avremmo bisogno di molto tempo e la quantità di informazioni manderebbe in confusione il cliente.
Una delle obiezioni che ci sentiamo rivolgere dai partecipanti ai corsi di formazione, prima ancora che abbiano capito in cosa consista la vendita consulenziale, riguarda proprio il tempo. Alcuni si soffermano nella descrizione di lunghe trattative con i clienti che, dopo aver conosciuto un prodotto nei minimi dettagli, abbandonano il campo con un ineluttabile: “Ci devo pensare”.
Questa situazione non può e non deve verificarsi. Perciò abbiamo creato il percorso a semafori: il senso del semaforo è che finché rimane rosso non si procede. Ogni fase della vendita termina con un semaforo e si può andare avanti con i passaggi successivi solo se diventa verde. In questo modo procediamo insieme al cliente, costruiamo insieme a lui il percorso della consulenza e arriviamo alla vendita in maniera naturale.
4. Il linguaggio persuasivo
Il modo e l’ordine in cui presentiamo le caratteristiche dell’offerta possono incidere significativamente sulla percezione del cliente e di conseguenza sulla sua decisione di acquisto.
Il linguaggio persuasivo è quello che permette al cliente di vedere un fenomeno da una diversa prospettiva. Ipotizziamo che sei disposto ad acquistare un biglietto per un concerto a 50 euro. Mentre non ne spenderesti mai 100, piuttosto rinunci. Allora immagina di uscire di casa e, come arrivi al botteghino, ti accorgi di aver perso 50 euro. Cosa fai? C’è una buona probabilità che compri ugualmente il biglietto. In questo caso ti sono usciti di tasca comunque 100 euro, ma la tua percezione è completamente diversa.
Dodici euro all’anno per un servizio possono sembrare tanti. Però se lo paragoni a un caffè al mese, diventa una cifra totalmente irrilevante.
Le nostre scelte sono sempre, in questo senso, irrazionali: un ‘no’ può trasformarsi in un ‘sì’ non perché cambia l’arrosto, ma perché percepiamo quell’arrosto in modo diverso.
Nella vendita tradizionale, l’accento sulla persuasione è primario. Nella consulenza non è meno importante, ma viene dopo. Mentre nella vendita centrata sul prodotto, essere persuasivi serve a vendere qualcosa che altrimenti il cliente non avrebbe comprato; nella vendita consulenziale serve a non lasciare che il cliente rovini una decisione corretta a causa di una cattiva percezione.
Nella consulenza parliamo di persuasione dopo che ci siamo assicurati di conoscere i bisogni del cliente e di aver identificato le soluzioni adatte a lui. A quel punto rafforziamo l’offerta attraverso piacevoli decorazioni.
Se desideri approfondire, puoi consultare la scheda del libro cliccando qui