Da circa due anni, all’interno del sistema di credito cooperativo si è messa in moto la macchina delle aggregazioni come forse non era mai accaduto prima; perseguendo obiettivi di razionalizzazione e irrobustimento dimensionale. La parola d’ordine sembra essere “rafforzare” la presenza sul territorio, valorizzando e imprimendo un’ulteriore spinta propulsiva a quel radicamento che costituisce uno dei suoi tratti distintivi.
Se da un lato, quindi, i processi di aggregazione e fusione rappresentano un’opportunità di crescita e di rafforzamento, dall’altro non sono privi di difficoltà che occorre governare. La complessità agisce su più piani, quello strutturale organizzativo e quello umano, ed è sul secondo che desideriamo portare la riflessione. L’impatto della fusione sul personale può generare una serie di difficoltà: dalle resistenze soggettive al cambiamento, fino a problemi d’integrazione dei linguaggi, dei codici comunicativi, dei modelli di leadership, degli stili di relazione con il cliente. Se è vero che i valori su cui si fondano le banche di credito cooperativo sono condivisi, non è altrettanto scontato vederli tradotti in maniera omogenea e congruente nella pratica lavorativa quotidiana, sia nelle dinamiche interne ai gruppi di lavoro, sia nel gestire il servizio al cliente.
Pensiamo ad esempio ad una filiale in cui prevale l’individualismo a scapito dello spirito di squadra: le informazioni non circolano, i gestori si lamentano dei colleghi di front office perché non sono in grado di fare un filtro efficace alle richieste dei clienti e gli operatori di sportello, di rimando, “accusano” i gestori di interromperli continuamente con richieste urgenti, senza riguardo per il loro lavoro. Mentre in altre, il livello di collaborazione è talmente elevato che persino le agende sono condivise. Vi sono uffici in cui la leadership è caratterizzata da direttività, scarso coinvolgimento dei collaboratori e accentramento decisionale, e uffici in cui lo stile è partecipativo, il processo di delega funziona con efficacia e il gruppo si riunisce regolarmente per affrontare problemi e trovare soluzioni.
Allo stesso modo, se spostiamo lo sguardo sull’interazione con i clienti, riscontriamo una grande varietà di stili relazionali: chi fatica ad alzare lo sguardo dal terminale e chi, all’opposto, crea un clima di grande cortesia e accoglienza.
Queste differenze si riscontrano all’interno dello stesso istituto, quindi possiamo facilmente immaginare come possano essere amplificate da una fusione, in cui alla grande varietà comportamentale si sommano il disorientamento, normalmente associato ad ogni processo di cambiamento (teoria del cambiamento di Kurt Lewin), e la mancanza di familiarità rispetto ai nuovi colleghi e responsabili. E l’impatto sulla clientela può avere effetti indesiderati, riducendo la fiducia fino a indurli a scegliere un altro istituto.
Lavorare sull’integrazione interna e su uno stile omogeneo di servizio al cliente ha una chiara valenza strategica, alla stregua degli interventi sul riassetto organizzativo. Come nella tessitura, il tessuto, forte e resistente, si ottiene dall’intreccio dei fili di ordito con quelli di trama, allo stesso modo una banca distintiva intesse sapientemente i fili che legano le sue persone.
Quali leve, allora, è opportuno muovere per valorizzare il fattore umano?
Le risorse che possiamo mobilitare appartengono alla sfera della cosiddetta Intelligenza Emotiva, una miscela equilibrata di motivazione, empatia, logica e autocontrollo, che consente, attraverso la comprensione dei propri e altrui sentimenti, di sviluppare una grande capacità di adattamento e di convogliare opportunamente le proprie emozioni, in modo da sfruttare i lati positivi di ogni situazione.
Le numerose ricerche condotte dalla psicologia e sociologia del lavoro hanno messo in evidenza la stretta correlazione tra la qualità della prestazione lavorativa e la capacità d’integrare nell’agire razionale la sfera emozionale. L’apprendimento dell’Intelligenza Emotiva personale e sociale può avvenire durante l’interno arco della vita, permettendo di:
– riconoscere i propri stati d’animo
– provare fiducia in se stessi e nelle proprie capacità
– controllare gli stati emotivi
– automotivarsi
– riconoscere lo stato d’animo altrui
– comunicare con efficacia facendo attenzione agli effetti prodotti sull’interlocutore
– collaborare per il raggiungimento di obiettivi comuni
– gestire i conflitti.
Ecco che le persone, opportunamente formate, possono uscire dallo stato di timore, disorientamento e resistenza, per divenire attori consapevoli e positivi del cambiamento. Abbandonano la condizione di lamentela, in cui si è portati a connotare negativamente i dati di realtà (nuova sede, nuovi colleghi, nuovo responsabile, nuove procedure, nuova organizzazione del lavoro, ecc.), per assumere un atteggiamento fiducioso e proattivo. Il beneficio è duplice: un clima relazionale interno disteso e positivo e una gestione del servizio al cliente che rispecchia la distintività del credito cooperativo.
Nella nostra esperienza è anche emerso un elemento aggiuntivo, secondo noi altrettanto importante. Poter frequentare assieme un percorso sull’intelligenza emotiva consente alle persone di incontrare l’altro nella sua dimensione umana. Questo è l’elemento che permette ai colleghi di superare in un attimo le separazioni ed eventuali ostilità le quali sono fondate sulle posizioni, sui ruoli pubblici che essi ricoprono. I partecipanti che escono da un percorso sull’Intelligenza Emotiva condividono un linguaggio attraverso il quale rinominare ciò che sta accadendo, mostrare se stessi e vedere gli altri sotto una nuova luce e, così, recuperare la dimensione umana che si era messa da parte a causa delle paure e dei conflitti.